Quali sono le cause delle macchie sui denti?

Le macchie dentali possono avere origini differenti a seconda che si tratti di discolorazioni estrinseche o intrinseche. Le prime sono alterazioni cromatiche di superficie dovute a meccanismi successivi all’eruzione. Questi meccanismi possono essere legati all’assunzione frequente di cibi coloranti come caffè, vino rosso, thè e liquirizia (solo per citarne alcuni). Talvolta la causa è riconducibile alla proliferazione di batteri della placca, alla presenza di scorie biliari nel fluido del solco gengivale o all’utilizzo prolungato di collutori ad elevata concentrazione di clorexidina.

Le discolorazioni intrinseche sono invece colorazioni interne legate a invecchiamento, otturazioni in amalgama, necrosi pulpare avvenuta dopo traumi o più semplicemente alla carie che può mostrarsi sotto forma di pigmenti marroni o neri in superfici dentali compromesse. Queste tuttavia non sono le uniche cause di macchie dentali, infatti disturbi localizzati o sistemici possono dare origine ad “anomalie dentali” durante il periodo di formazione dentaria.

Tra queste le più frequenti sono le ipoplasie (difetti quantitativi con soluzione di continuo che si manifestano sotto forma di alterazioni macroscopiche della quantità dello smalto) e le opacità dello smalto (difetti qualitativi con ipomineralizzazione o irregolarità della microstruttura dello smalto che si manifestano nelle zone interessate con macchie opache di colore bianco, giallo o marrone e comprendono quindi anomalie di colore e di traslucenza).

Difetti di struttura dello smalto, siano essi qualitativi o quantitativi, possono essere causati da agenti locali come traumi, estrazioni, infezioni periapicali o anchilosi a livello dei denti da latte e quindi causare difetti “localizzati” ai denti definitivi corrispondenti. In caso di disturbi sistemici quali anemie, carenze vitaminiche, terapie con tetracicline o disordini ormonali, i difetti avranno carattere “generalizzato” manifestandosi su più elementi dentari. Talvolta i difetti dello smalto possono avere cause ereditarie e riguardare sia denti decidui che permanenti.

Col termine “Amelogenesi Imperfetta” ci si riferisce proprio a difetti a carico dello smalto che apparirà sottile, poco o troppo traslucente, tendente a scheggiarsi o a disgregarsi facilmente mostrando un aspetto ruvido e poroso nei casi più gravi. In alcuni casi le origini dei difetti dentari sono da ricercare in patologie infettive virali o batteriche come nel caso della Sifilide congenita che è causa di alterazioni a livello del margine incisale di incisivi e più raramente canini (denti di Hutchinson).

Nonostante attualmente dentifrici, gel, vernici e collutori contenenti fluoro rimangano il più valido strumento di prevenzione della carie, un eccessivo assorbimento di questo elemento può provocarne il deposito a livello dello smalto dentario alterandone le caratteristiche di traslucenza e resistenza. La fluorosi dentale è una delle più frequenti cause di opacità dentali e avviene soprattutto durante la maturazione pre-eruttiva dello smalto.

A differenza delle ipoplasie non si può datare esattamente il momento della comparsa della fluorosi. Clinicamente la fluorosi dentale si esprime con diversi livelli di gravità che vanno dalle forme più lievi con opacità scarsamente delimitate e striature bianche parallele, fino a quadri di opacità uniformi su tutta la superficie dentale e smalto ipermineralizzato.

La fluorosi può manifestarsi sia su elementi decidui che permanenti ed è assolutamente necessario controllare l’esposizione a bevande, cibi e prodotti per l’igiene orale contenenti fluoro, soprattutto nei primi sei anni di vita, per evitare che ad essere coinvolti siano proprio i denti definitivi nei settori frontali (Chirurgia dentale ad ultrasuoni).

Quali sono i rimedi per le macchie sui denti? E come può aiutarti il tuo dentista?

L’odontoiatra può servirsi di metodiche d’igiene professionale, conservative o protesiche al fine di ristabilire l’estetica e la funzione dentale, agendo con tecniche che mirano a salvaguardare e rinforzare la struttura del dente.  In caso di macchie limitate alla superficie del dente è sufficiente un’accurata igiene professionale mediante impiego di paste lucidanti e getto airflow.

In caso di pigmentazioni interne ai tessuti dentari, e pertanto resistenti all’igiene professionale, il dentista potrà consigliare lo sbiancamento domiciliare o alla poltrona. Questa procedura consiste nell’utilizzo di perossidi a concentrazione variabile, più elevata nel caso della procedura effettuata in studio, che penetreranno negli strati più profondi dei tessuti duri del dente spezzando le grosse molecole cicliche dei pigmenti in molecole più corte e non colorate.

Lo sbiancamento può essere effettuato anche internamente  ai quei denti devitalizzati che nel corso del tempo sono diventati scuri. In questo caso il dentista agirà sul singolo dente e in maniera estremamente conservativa consentirà al dente devitale di riacquisire il proprio colore originario. Nel caso di aree limitate di smalto alterato di colore opaco o scuro che riducono l’estetica e la resistenza del dente, si ricorre alla conservativa.

L’odontoiatra potrà asportare i tessuti dentari alterati e sostituirli con i moderni compositi con la garanzia di risultati perfettamente mimetici (i compositi sono di colore bianco) e con un contemporaneo miglioramento della resistenza del dente. Qualora le alterazioni cromatiche e strutturali siano diffuse su più denti, si potrà optare invece per un approccio protesico.

Una volta asportati gli strati  compromessi, questi potranno essere sostituiti con faccette o corone complete realizzate in materiali altamente estetici e dalle ottime proprietà meccaniche quali la ceramica feldspatica o il disilicato di litio. In tal modo si potranno migliorare sia il colore che la forma dei denti, restituendo al paziente un sorriso piacevole e una bocca sana (strumenti dentista).

Cefalea: se la colpa fosse dei denti?

Cause e meccanismi

La teoria maggiormente condivisa dai ricercatori è quella neurovascolare, secondo la quale il paziente emicranico presenta una risposta eccessiva e inadeguata da parte dei neuroni della corteccia cerebrale al variare di stimoli provenienti dall’ambiente esterno (temperatura, umidità, luci, suoni, odori…) o dell’ambiente interno (tasso glicemico, fluttuazioni ormonali, pressione arteriosa, secrezione di adrenalina, ritmo sonno-veglia, etc.). Stimoli esterni che sono assolutamente “normali” per i soggetti non sofferenti di emicrania.

Questa vulnerabilità, associata ad un anomalo funzionamento dei centri nervosi del tronco cerebrale deputati alla modulazione del dolore, porterebbe ad una dilatazione dolorosa dei vasi delle meningi.

Spetta al nervo trigemino – nervo sensitivo delle strutture del cranio – il ruolo di mediatore tra la suscettibilità dei neuroni corticali e la vasodilatazione: si parla perciò di sistema trigemino-vascolare (Lampada scialitica).

Questione di genetica

Spesso i pazienti emicranici hanno parenti emicranici, si suppone pertanto che l’anomala modalità di risposta che caratterizza l’emicrania sia trasmessa geneticamente.

La diagnosi si basa essenzialmente sull’anamnesi e sull’esame obiettivo che devono essere particolarmente curati ed approfonditi. Alcuni esami specifici possono aiutare a dirimere i casi dubbi.

Tra le cefalee secondarie, cioè quelle in cui invece il dolore è sintomo di una patologia in atto, troviamo frequentemente quelle attribuite a disturbi dei denti, delle arcate dentarie o delle strutture correlate e le cefalee o dolori facciali attribuiti a disturbi dell’articolazione temporomandibolare.

La frequenza degli attacchi è molto variabile. Nella quasi totalità dei casi il paziente è in grado di identificare alcuni fattori scatenanti quali ad esempio quelli meteorologici (vento) o l’assunzione di alcuni cibi (alcolici, cioccolato, formaggi stagionati…) o eventi stressanti. L’emicrania è dunque un disturbo primario: vera e propria patologia e non semplice sintomo.

E i denti?

Si tratta per lo più di dolore molto ben localizzato che può però irradiarsi coinvolgendo tutto il capo. In genere è continuo e non si accompagna a sintomi neurovegetativi quali nausea, vomito, foto e fonofobia.

Per quanto riguarda le disfunzioni dell’articolazione temporomandibolare (atm), possono accompagnarsi a dolore miofasciale cioè un dolore muscolare continuo, associato a contrattura, limitazione funzionale ed occasionalmente a sintomatologia di tipo nevralgico con alterazioni della sensibilità cutanea o formicolii e cefalea diffusa.

In particolare, il coinvolgimento dell’articolazione è da sospettare quando il dolore è scatenato da movimenti masticatori soprattutto in presenza di cibo duro, dalle limitazioni o difetti dell’apertura della bocca, da rumori a carico delle atm durante i movimenti della mandibola e dalla dolorabilità, alla pressione, della capsula articolare di una o entrambe le atm.

La prevalenza di disturbi a carico dell’atm tra i pazienti cefalalgici è stimata intorno al 56% e sembra possano essere causa di cefalea cronica nel 20% dei casi.

Quali terapie?

Le possibili terapie delle diverse forme di cefalee sia primarie che secondarie sono naturalmente molto diverse, accomunate unicamente dal ricorso, che deve essere limitato nel tempo, ad antinfiammatori ed antidolorifici.

Per quanto riguarda l’emicrania esistono delle linee guida che prevedono un approccio differente a seconda della frequenza delle crisi.

Convenzionalmente, infatti, se gli attacchi non superano i tre giorni al mese si può ricorrere ad un farmaco da assumere al bisogno. È utile sapere che un abuso di farmaci sintomatici comporta un elevato rischio di cronicizzare l’emicrania.

Nel caso in cui gli attacchi si presentino con maggiore frequenza è necessario impostare una terapia preventiva utilizzando strategie sia di tipo farmacologico attingendo a diverse classi di farmaci, che non farmacologico, come l’agopuntura.

Ovviamente è importante eliminare, per quanto possibile, i fattori scatenanti. Nel caso di cefalee secondarie dovute a fattori di malocclusione o riconducibili a problematiche odontostomatologiche, la terapia è rivolta alla rimozione di tali disturbi. In particolare nei pazienti più giovani dove è più agevole la correzione definitiva, ricordando che la malocclusione è considerata un fattore di rischio per l’insorgenza di cefalea nei bambini e negli adolescenti.

È infine necessario tenere conto, data l’alta frequenza di riscontro nella popolazione sia di emicrania che di patologie odontostomatologiche, della possibile coesistenza nello stesso paziente di entrambe le condizioni (strumenti dentista).

Test salivari: sei predisposto alla carie?

Davanti ad un bel vassoio di pasticcini l’acquolina in bocca non tarda a manifestarsi… ma la saliva ha un ruolo ben più importante per il nostro organismo.

Si rivela infatti fondamentale nel rimuovere i detriti alimentari, i residui batterici e le cellule epiteliali che causano la moltiplicazione dei batteri nel cavo orale, attuandone successivamente l’eliminazione attraverso il canale digerente

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Bocca asciutta

Ma in alcuni casi può verificarsi una riduzione del flusso salivare, che ha un evidente effetto sia sul numero sia sulla gravità delle carie e ciò può capitare anche nei casi di iposecrezione salivare.

Nei soggetti predisposti o soggetti a tale problema, rivestono grande importanza i test microbiologici. Tali test valutano la quantità di batteri come Streptococcus mutans e Lactobacilli presenti nel cavo orale, direttamente proporzionale alla probabilità di sviluppo della carie.

Ma come funziona?

L’esame salivare viene eseguito in modo ormai routinario nella pratica clinica.

La tecnica di laboratorio prevede l’impiego di un kit contenente una pipetta in materiale plastico che preleva la saliva del paziente, precedentemente raccolta in un cilindro graduato.

Questo procedimento permette di calcolare il primo parametro fondamentale del test, ovvero il flusso salivare. Di cosa si tratta? Sono i ml. di saliva prodotti nel tempo di 5 minuti, il cui valore normale deve oscillare intorno a 1ml /minuto.

Il secondo parametro essenziale è il potere tampone. Ponendo per 5 minuti una goccia di saliva su una apposita striscia reattiva a pH titolato 3.3. Trascorso il tempo si compara il colore assunto dalla striscia con la scala colorimetrica riportata su una scheda di paragone, verificando la corrispondenza con uno dei campioni.

Il secreto salivare viene successivamente posto all’interno di una provetta contenente un terreno di coltura a base di agar per verificare il terzo parametro: la concentrazione batterica.

Per rendere il terreno selettivo per il microrganismo in esame si usa una sostanza particolare detta bacitracina, la provetta viene quindi posta in incubatrice alla temperatura di 37°C per 48 ore. Al termine dell’incubazione la valutazione del risultato viene effettuata confrontando la densità delle colonie batteriche cresciute, con una tabella di riferimento.

Leggere i risultati

La presenza di Lactobacilli nella saliva in quantità superiore alla norma indica un fattore di rischio per il paziente nel senso di una alimentazione eccessivamente ricca di zuccheri, accompagnata da una scarsa igiene orale: tale specie batterica è responsabile di una sintesi di acidi che concorrono a far diminuire il pH orale.

Una eccessiva presenza di Streptococchi, batteri più direttamente correlati alla patogenesi del processo carioso, indica presenza di placca in quantità superiore alla norma, dunque predisposizione individuale e/o scarsa igiene orale (prodotti odontoiatrici).

Quali precauzioni?

L’esecuzione del test e la valutazione dei tre parametri considerati (flusso, potere tampone, concentrazione batterica) consente all’odontoiatra di selezionare soggetti a basso ed elevato rischio di carie, ovvero di fare diagnosi di cariorecettività.

I primi non dovranno necessariamente modificare le proprie abitudini, ma semplicemente sottoporsi a periodici controlli da parte del medico. I pazienti ad elevato rischio dovranno al contrario essere sottoposti ad un regime preventivo intenso ed efficace.

In caso di riduzione del flusso salivare inoltre, occorre indagare sulle possibili cause della ipofunzione (es. assunzione di farmaci, sindrome di Sjogren, ecc.); nel contempo il paziente dovrà limitare il consumo di carboidrati, arricchendo la dieta di fibre e utilizzando chewing-gum privi di zucchero al fine di stimolare la salivazione.

Importante è poi instaurare un programma di fluoroprofilassi graduata, applicata alle differenti condizioni:

●fluoroprofilassi normale (dentifrici fluorati)
●fluoroprofilassi media (dentifrici fluorati e gel al fluoro)
●fluoroprofilassi intensa (dentifrici fluorati, gel al fluoro e applicazione professionale di vernici al fluoro)
L’esito dell’esame viene comunicato attraverso un referto scritto sui cui sono riportati i valori ottenuti e quelli di riferimento; oltre a stabilire il piano di terapia e la frequenza degli eventuali esami di controllo necessari.

Estrazione Dei Denti Del Giudizio, Complicazioni E Rischi

Estrazione Dei Denti Del Giudizio: Introduzione

Come tutte le forme di chirurgia, l’ estrazione dei denti del giudizio comporta il rischio di potenziali complicazioni. Alcune di queste potenziali complicazioni sono piuttosto rare, mentre altre sono molto comuni. In generale, l’estrazione dei denti del giudizio è considerata una procedura chirurgica molto sicura, se viene effettuata da un dentista professionista o da un  chirurgo orale.

Ecco alcune delle possibili complicazioni che possono derivare dall’ estrarre i denti del giudizio.

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Edema, Pallore Del Viso , Punti Dolorosi, Dolore E Disagio

Questi sono gli effetti collaterali più comuni e le complicazioni di un intervento chirurgico di estrazione del dente del giudizio. Ben il 50% delle persone che si sottopongono ad una estrazione del dente del giudizio sperimenteranno questi sintomi. In generale, questi sintomi saranno presenti per circa 48 ore dopo l’intervento chirurgico e la maggior parte dei pazienti che hanno tali sintomi non riferiscono di aver avuto l’impressione che fossero troppo gravi o dolorosi. Se questi sintomi, soprattutto il gonfiore e il dolore, non spariscono dopo 48 ore o poco più, potrebbero essere un segno di infezione.

Sanguinamento Eccessivo

Ogni volta che viene eseguito un intervento chirurgico per rimuovere un dente ci sarà sanguinamento . Questa emorragia di solito si ferma da sola dopo circa sei ore. In casi molto rari, i pazienti possono manifestare gravi perdite di sangue dopo il periodo di sei ore. Se si verifica una grave perdita di sangue, il paziente deve consultare immediatamente un medico. Molti pazienti sperimentano sanguinamento occasionale durante i diversi giorni di recupero successivi all’intervento, ma questo sanguinamento è di solito molto minore ed è  il risultato di una parziale riapertura della ferita e una difficoltosa formazione del coagulo (Riunito odontoiatrico).

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Trisma O Difficoltà Ad Aprire La Bocca

Dopo la rimozione dei denti del giudizio alcuni pazienti potranno sperimentare difficoltà ad aprire molto la bocca come facevano solitamente . Alcune possibili cause possono includere una lesione al muscolo pterigoideo dovuta all’ago, l’aver tenuto la bocca del paziente molto aperta per troppo tempo durante l’intervento chirurgico, ematomi, infiammazioni e gonfiori. Questo trisma è di solito temporaneo e andrà via da solo dopo pochi giorni, una terapia a base di corticosteroidi e antibiotico può aiutare il recupero.

Alveolite Secca

L’alveolite secca è descritta come un dolore lancinante nel sito di rimozione del dente associata molto spesso ad alitosi. Questo di solito si verifica quando un coagulo di sangue non riesce a formarsi correttamente nell’alveolo, provocando un’infiammazione continua ai tessuti contigui. Questo forte dolore può arrivare  giorni, in genere 3, dopo che l’estrazione ha avuto luogo. Tale  infiammazione è spesso confusa con un’infezione, ma a differenza di un’ infezione l’alveolite secca andrà via da sola in una o due settimane. Quando è necessario tuttavia è possibile reintervenire chirurgicamente per favorire la formazione di un nuovo coagulo.

Comunicazioni Oro-Antrali (Bocca-Seno Mascellare)

Di tanto in tanto, quando i denti del giudizio superiori vengono rimossi possono creare una comunicazione che conduce alla cavità del seno mascellare (una cavità all’interno del massiccio facciale in comunicazione con le cavità nasali). Se si determina un’infezione  nella cavità del seno,  un ulteriore intervento chirurgico potrebe rendersi necessario (Videocamera intraorale).