Dentini Biberon e Carie

Tra le patologie del cavo orale, la più diffusa e conosciuta è la carie, una malattia spesso sottovalutata sia nella sua incidenza, che nella gravità della sua manifestazione.
La carie ovviamente interessa non solo gli adulti, ma presenta una rilevanza simile anche negli adolescenti e nei bambini e colpisce denti decidui (più conosciuti come denti da latte) e denti definitivi o permanenti.

Nel corso degli ultimi 20 anni, grazie alla crescente attenzione all’igiene orale, all’importanza data al fattore estetico “sorriso”, ai controlli effettuati sin dalla più tenera età, all’utilizzo di integratori al fluoro e ad una dieta più controllata, si è riscontrata una netta diminuzione dell’incidenza di tale disturbo. Ma, se negli anni passati i bambini con problemi di carie appartenevano alle fasce di età scolare e pre-adolescenziale, nel corso degli ultimi anni si è potuto notare come anche i bambini più piccoli, quelli cioè di una fascia d’età compresa tra pochi mesi e 4 anni, siano interessati da tale fenomeno. Addirittura risulta in netto contrasto, supportato da numerosi studi, l’aumento di una tipologia di carie ben specifica: la sindrome da biberon chiamata anche Baby Bottle Tooth Decay (BBTD). Come appare chiaro fin dal nome di tale patologia, la sindrome da biberon colpisce la dentatura decidua di bimbi molto piccoli. Le lesioni cariose si formano in genere sulle superfici degli incisivi superiori e la loro precisa collocazione nel settore frontale superiore, indica la responsabilità di tale precoce insorgenza (a volte in bimbi di età inferiore ai nove mesi), nelle scorrette abitudini alimentari dei genitori e dei bambini, come il prolungato utilizzo di biberon contenenti bevande zuccherate. Come tutte le lesioni cariose anche la BBTD viene considerata multifattoriale, influenzata cioè da molte variabili: affollamento o malposizionamento dentario, alterazione del pH salivare, igiene orale non controllata, dieta troppo ricca di zuccheri. Tutte queste situazioni possono portare ad una proliferazione della placca batterica, cioè quel deposito di batteri che colonizzando la superficie dei denti, vi aderisce con tenacia. Questi microrganismi, attraverso processi di fermentazione degli zuccheri introdotti con la dieta, producono acidi organici che sono diretti responsabili della decalcificazione degli elementi dentari e quindi della formazione della carie. Se è pur vero però che non tutti i fattori scatenanti la patologia sono controllabili a monte, è altrettanto vero che ad essere maggiormente imputati sono i comportamenti scorretti da parte dei genitori, sia per ciò che concerne l’alimentazione, sia per ciò che riguarda la consapevolezza e la conoscenza dell’igiene orale.
L’abitudine di utilizzare il biberon come ultima “coccola” prima del riposo notturno è spesso legata alla difficoltà che i genitori incontrano nel far addormentare i bambini.(autoclave sterilizzazione)
L’atteggiamento indulgente e permissivo di mamma e papà è forse figlio di una realtà frenetica e complicata che lascia poco spazio ad altri metodi più educativi probabilmente con effetto meno appagante e calmante rispetto alla prolungata suzione di una sostanza dolce.
A questo si associa la difficoltà di controllo di una buona igiene orale in bambini così piccoli per l’evidente scarsa manualità dei piccoli con lo spazzolino.
Le carie nei denti da latte risultano inoltre molto “aggressive” cioè tendono a progredire velocemente e ciò rende il trattamento clinico della sindrome da biberon molto complesso: la tenera età dei bambini genera scarsa consapevolezza e collaborazione, inoltre se non vi è stato nessun iniziale approccio al dentista, risulterà immediato per un bambino di pochi anni associare “il medico dei denti” ad un disagio o dolore. La prima visita dovrà per tanto svolgersi in maniera non traumatica, magari sotto forma di gioco, possibilmente senza utilizzare strumenti e sarà finalizzata al rilevamento delle carie e del livello d’igiene orale ma occorrerà soprattutto investire “tempo e risorse” per la conquista della fiducia da parte del piccolo paziente, così da poter garantire la futura collaborazione nello svolgimento delle cure.(fotopolimerizzazione)

Farmaci per l’osteoporosi e rischio di sviluppare complicanze mascellari

L’osteoporosi è un disturbo dell’apparato scheletrico che indebolisce le ossa e determina perciò un maggior rischio di fratture. E’ un disturbo che affligge un gran numero di persone, in particolare donne non più giovanissime. Un gran numero di pazienti affetti da questo problema sono oggi trattati mediante la somministrazione di farmaci appartenenti al gruppo dei cosiddetti “bifosfonati”. L’assunzione di tali farmaci può essere correlata ad imnportanti effetti collaterali a carico delle ossa mascellari.

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Osteoporosi e fratture ossee
Il maggiore rischio legato all’osteoporosi è quello della comparsa di fratture alle ossa, anche spontanee, che possono rappresentare un evento molto grave per la qualità della vita (in caso per esempio di fratture del femore o dell’anca) o addirittura per la sopravvivenza stessa del paziente (in caso di fratture delle vertebre). Gli studi scientifici sull’uso dei bifosfonati hanno evidenziato come l’assunzione di tali farmaci sia in grado di ridurre del 40% il rischio di subire fratture in pazienti affetti da osteoporosi. Per tale motivo è importante, in caso soffriate di una forma grave di tale patologia, che non sospendiate l’assunzione delle medicine che vi sono state prescritte senza averne condiviso la decisione con il medico competente. Gli stessi farmaci però che determinano un vantaggio così importante in caso di grave rischio di fratture osee, possono causare, in una percentuale non irrilevante di casi, effetti collaterali altrettanto spiacevoli, a livello della bocca ed in particolare a carico delle ossa della mascella o della mandibola.(strumenti dentista)

Osteonecrosi delle ossa mascellari
Rappresenta una complicanza non frequentissima, ma potenzialmente molto grave, dell’assunzione dei farmaci bifosfonati. Si manifesta con una distruzione ossea a carico di porzioni di mandibola o mascella, accompagnata da infezione e dolore importante. Questa complicanza, dai primi risultati delle numerose ricerche sul settore, sembra colpire molto raramente i pazienti che assumono i farmaci bifosfonati per via orale, per la cura e la prevenzione dell’osteoporosi, mentre appare decisamente più frequente nei pazienti a cui il farmaco viene somministrato per via endovenosa, come accade nelle terapie di supporto alla cura di alcune neoplasie maligne.
Dal momento che alcune procedure odontoiatriche, come per esempio le estrazioni dentali, ma anche una banale seduta di detartrasi, possono aumentare il rischio di osteonecrosi mascellare in pazienti che assumono o hanno assunto bifosfonati, è importantissimo comunicare al dentista l’uso di tali medicine, al fine di ridurre al minimo la probabilità di questa fastidiosissima complicanza.(fotopolimerizzazione)