Quanto Durano Le Faccette?

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Quanto durano le faccette dentali?
La durata delle faccette dipende dalla qualità dei materiali e dai controlli periodici eseguiti nel corso del tempo. Una recente ricerca ha analizzato gli studi sulle faccette dentali fin qui condotti e ha fornito i dati relativi alla loro durata media.

Le faccette in vetroceramica durano più delle faccette in ceramica feldspatica
Innanzitutto, la ricerca ha rivelato che la percentuale di sopravvivenza delle faccette dentali si aggira intorno all 89% in un periodo di 9 anni. Il dato ancor più interessante riguarda il tipo di materiale: la sopravvivenza delle faccette in vetroceramica è del 94%, mentre quella delle faccette in ceramica feldspatica è dell’87% (Sbiancatore air prophy jet).

●distacco (2%)
●frattura (4%)
●carie secondaria (1%)
●grave scolorimento verticale (2%)
●problemi endodontici (2%)

In conclusione, le faccette in vetroceramica e quelle in ceramica feldspatica hanno un alto tasso di sopravvivenza. Le cause più comuni di fallimento sono le fratture e le scheggiature, Le alte percentuali di buona riuscita sono evidenti prove del fatto che le faccette in ceramica costituiscono un trattamento valido e sicuro che mantiene la struttura del dente (Ablatore ultrasuoni).

Fumo e salute orale : effetti, rischi e malattie

Fumare porta a problemi dentali, a volte gravi, tra cui:

●Alito cattivo
●Scolorimento dei denti
●Infiammazione delle ghiandole salivari
●Aumento e accumulo di placca e tartaro sui denti
●Aumento della perdita di osso nella mascella
●Aumento del rischio di leucoplachia , che sono macchie bianche all’interno della bocca
●Aumento del rischio di sviluppare parodontite , una delle principali cause di perdita dei denti
●Guarigione ritardata dopo una estrazione dentale, trattamento parodontale, o chirurgia orale
●Tasso di successo inferiore nelle procedure di impianto dentale
●Aumento del rischio di sviluppare il cancro orale

Come mai il fumo è collegato alle malattie della bocca?

Fumo e altri prodotti del tabacco possono portare a malattie delle gengive interessando l’attaccamento delle ossa e dei tessuti molli dei denti. Più in particolare, sembra che il fumo interferisca con la normale funzione delle cellule dei tessuti gengivali. Questa interferenza rende i fumatori più suscettibili alle infezioni, come la malattia parodontale , e sembra anche interferire con il flusso di sangue delle gengive, e questa cosa può influenzare la guarigione delle ferita.

Pipe e sigari causano problemi dentali?

Esattamente come le sigarette, pipe e sigari portano a problemi di salute orale. Secondo i risultati di uno studio lungo 23 anni pubblicato sul Journal of American Dental Association , i fumatori di sigaro sperimentano la perdita dei denti e la perdita di osso alveolare (perdita ossea all’interno della mandibola che ancora i denti) a tassi equivalenti a quelli dei fumatori di sigarette. Fumatori di pipa hanno anche un simile rischio di perdita dei denti come i fumatori di sigarette. Al di là di questi rischi, pipe e sigari, portano anche un rischio di tumori del cavo orale e della faringe, e questo avviene anche se il fumo non viene inalato. Ovviamente oltre ad altre conseguenze quali alito cattivo , denti macchiati, e aumento del rischio di malattie gengivali

Il tabacco da masticare è più sicuro?

No. Come sigari e sigarette, i prodotti del tabacco (ad esempio, da fiuto e da masticare ) contengono almeno 28 sostanze chimiche che hanno dimostrato di aumentare il rischio di cancro orale, cancro alla gola e all’esofago . In realtà, il tabacco da masticare contiene livelli più elevati di nicotina rispetto alle sigarette.

Il tabacco da masticare può irritare il tessuto gengivale, facendolo retrocedere esponendo le radici dei denti. Una volta che il tessuto gengivale si allontana, i denti con le radici esposte, presentano un aumento del rischio di carie . Radici esposte sono anche più sensibili al caldo e freddo, e ad altre sostanze irritanti, e questo crea forte disagio quando si mangia o beve (Telecamera Intraorale).

Inoltre, gli zuccheri, che vengono spesso aggiunti per esaltare il sapore del tabacco, possono aumentare il rischio di carie. Uno studio pubblicato nel Journal of American Dental Association ha dimostrato che masticare tabacco aumenta di ben quattro volte il rischio di sviluppare carie.

Smettere di fumare

Indipendentemente da quanto tempo si fuma, smettere aiuta a ridurre notevolmente i rischi gravi per la salute.

Anche ridurre la quantità e la frequenza con cui si fuma aiuta a migliorare la salute orale. Uno studio ha dimostrato che i fumatori che hanno ridotto la loro abitudine di fumare a meno della metà di un pacchetto al giorno avevano solo tre volte il rischio di sviluppare parodontite rispetto ai non fumatori.

Alcune statistiche della American Cancer Society presentano altri motivi che fanno riflettere sull’importanza dello smettere di fumare .

Infatti affermano che:

Circa il 90% delle persone con cancro della bocca, delle labbra, della lingua , della gola sono collegate all’uso del tabacco, e il rischio di sviluppare questi tumori aumenta con la quantità che si consuma. I fumatori hanno sei volte più probabilità rispetto ai non fumatori di sviluppare questi tumori.
Circa il 37% dei pazienti che si ostinano a fumare dopo la cura del cancro orale, sviluppsno una recidiva in bocca, labbra, lingua e gola, contro solo il 6% di coloro che smettono di fumare.

Come si può smettere ?

Per smettere di fumare, il dentista o il medico possono essere in grado di aiutare a calmare il desiderio di nicotina con i farmaci in forma di gomme o cerotti. Alcuni di questi prodotti possono essere acquistati in farmacia liberamente, altri richiedono una prescrizione medica. Altri farmaci (come lo Zyban ) richiedono una prescrizione medica.

I rimedi a base di erbe, così come l’ipnosi e l’agopuntura , sono altri trattamenti che possono aiutare a liberarsi dal tabacco (Idropulsore dentale).

Ortodonzia

– Ortodonzia e ortopedia del paziente in età evolutiva (bambino fino a fine crescita);

– ortodonzia del paziente adulto;
– ortodonzia pre-chirurgica.

L’Ortodonzia è quella branca dell’odontoiatria che si occupa della diagnosi e della cura delle anomalie esistenti tra mascella e mandibola e tra le arcate dentarie.
Molto spesso durante la crescita, a causa di abitudini viziate o caratteristiche genetiche, questi rapporti possono risultare alterati presentandosi nei modi più disparati quali ad esempio palato stretto con difficoltà di respirazione, malposizioni dentarie con affollamenti e/o diastemi, alterazioni scheletriche o funzionali (asimmetrie, malocclusioni di II e di III classe, disfunzioni articolari…).
La funzione dell’ortodontista è quella di intercettare tali anomalie e ripristinare il normale equilibrio neuromuscolare e un rapporto dentoscheletrico armonico.


L’ortodontista segue e controlla il paziente durante tutto l’arco della crescita ed ha quindi funzioni e caratteristiche diverse a seconda del periodo in cui si rende necessario intervenire.

DA 0 A 6 ANNI – ORTODONZIA PREVENTIVA
In questa fase l’ortodonzia si affianca alla pedodonzia ed ha la funzione di:

●motivare il paziente ad una corretta igiene orale;
●prevenire le carie attraverso la somministrazione di fluoro e la sigillatura dei solchi dei primi molari permanenti;
●evitare la perdita di spazio, fondamentale per il corretto allineamento dei denti permanenti, a causa di perdite precoci dei denti da latte;
●controllare ed eliminare abitudini viziate: ciuccio oltre i 2 anni e mezzo, succhiamento del dito, deglutizione atipica, pronuncia scorretta di S, R, Z.

In alcuni casi particolari (morso incrociato monolaterale, malocclusioni di III classe scheletrica) è necessario intervenire precocemente con apparecchiature ortopedico funzionali per cercare di intercettare tutte quelle situazioni più difficilmente correggibili in età più avanzata.

DA 6 A 12 ANNI – ORTODONZIA INTERCETTIVA
A questa età l’ortodonzia si occupa di trattare precocemente la malocclusione; in fase evolutiva infatti è possibile cercare di reindirizzare la crescita a favore del ripristino di una normale funzionalità, cercando di correggere nel contempo, i rapporti dentali anomali.
Quando viene riscontrata una malocclusione sarà dovere e cura dell’ortodontista eseguire, oltre alla visita alla poltrona, uno studio del caso dettagliato in cui si eseguono esami clinici e strumentali specifici come fotografie intra ed extra orali, esami radiografici (ortopantomografia, teleradiografia latero laterale, radiografia del carpo), tracciato cefalometrico.
Questi esami sono fondamentali per stabilire tempi e modi terapeutici che saranno illustrati e motivati al paziente ed ai genitori durante un colloquio di circa 30 minuti con l’ortodontista.
Solitamente la terapia intercettiva si avvale di apparecchiature ortopediche (disgiuntore rapido del palato, trazione extra orale, maschera di Delaire) e di apparecchi mobili funzionali (Twin Block, Frankel, Bionator, Monoblocco ecc.) per i quali è necessaria la collaborazione del paziente per la riuscita del trattamento.
Tempo medio di trattamento: 18-30 mesi.

DAI 12 ANNI IN POI – ORTODONZIA FISSA
In questa fase, in cui la dentatura permanente è completa, l’ortodonzia si occupa di allineare e livellare i denti e di coordinare le arcate attraverso l’utilizzo di apparecchiature fisse multibracket. Sono disponibili diversi tipi di bracket, che possono essere scelti a seconda delle esigenze sia cliniche che estetiche del paziente: convenzionali (metallici), estetici (bracket ‘bianchi’ in ceramica), apparecchiature linguali customizzate (Incognito 3M Unitek), apparecchiature invisibili customizzate (Invisalign, Clearstep).
A fine trattamento è di fondamentale importanza l’utilizzo, per almeno 24 mesi, di una contenzione fissa e/o mobile per mantenere stabile nel tempo il risultato ottenuto.
Tempo medio di trattamento: 24-30 mesi.

ORTODONZIA PRECHIRURGICA
In età adulta (intorno ai 16-17 anni nelle femmine e 20-21 anni per i maschi) la crescita ossea è terminata, e non è quindi più possibile intervenire sulle basi ossee con correzioni ortopedico-funzionali. Se la discrepanza scheletrica è moderata e il profilo accettabile l’ortodontista può compensare questa discrepanza con un camouflage ortodontico, cercando cioè di posizionare i denti in maniera da ‘camuffare’ la discrepanza scheletrica.
Se la discrepanza scheletrica è grave il compenso dentale non è una soluzione terapeutica valida sia per motivi estetici che per motivi funzionali. In questo caso, per risolvere tali malocclusioni è necessario ricorrere alla chirurgia maxillo-facciale. Gli obiettivi del trattamento ortodontico-chirurgico che ci proponiamo di raggiungere restano i medesimi:

●buona estetica dentale;
●buona estetica facciale;
●occlusione funzionale;
●stabilità dei risultati;
●buona salute parodontale;
●funzionalità dell’articolazione temporomandibolare;
●aspettative e de

L’ortodontista, in questo caso, si occupa di preparare le arcate prima dell’intervento chirurgico. Questo permetterà al chirurgo di riposizionare le basi ossee e di stabilizzarle grazie ad una buona intercuspidazione tra le arcate accuratamente preparate. Dopo l’intervento il cambiamento estetico sarà notevole e subito percepito dal paziente, il lavoro dell’ortodontista a questo punto sarà di rifinitura del caso.
In questa fase sono più che mai necessarie la volontà e la convinzione del paziente nell’intraprendere un iter terapeutico che è sicuramente lungo e complesso ma è, per le gravi discrepanze scheletriche, l’unica soluzione esteticamente e funzionalmente valida (strumenti dentista).
Tempo medio di trattamento: 36-42 mesi.

ORTODONZIA PREPROTESICA
In questa fase l’ortodonzia è un trattamento complementare alla riabilitazione protesica (fissa, mobile o su impianti) ed implica obiettivi finalizzati al miglioramento di settori dell’occlusione, più che alla modificazione completa della stessa, con lo scopo di semplificare il piano terapeutico e risolvere il caso nel modo più conservativo possibile.

Grazie al trattamento ortodontico è possibile:

●rendere più agevole e semplice la protesizzazione di elementi singoli mal posizionati che potrebbero creare situazioni parodontali sfavorevoli, punti di contatto non corretti o problemi estetici;
●formare osso per il posizionamento di un impianto;
●ricreare il parallelismo tra i denti pilastro, facilitando la realizzazione del manufatto e permettendo una distribuzione dei carichi più favorevole;
●ridistribuire, quando necessario, gli spazi edentuli, per consentire un miglior risultato estetico e funzionale;
●livellare l’arcata.
Una volta accertatisi delle buone condizioni di salute generale del paziente, è necessario valutare attentamente le motivazioni e le aspettative che il paziente ripone nella terapia che sta per effettuare. Questo è fondamentale per poter soddisfare al meglio le sue richieste e per garantirsi un grado di collaborazione grazie al quale sarà possibile raggiungere l’obiettivo prefissato.
Tempo medio di trattamento: 8-12 mesi (Modelli denti).

L’apparecchio fisso ortodontico: a cosa serve?

Il trattamento ortodontico complessivo, attualmente, viene effettuato con apparecchio fisso che prevede l’applicazione su tutti i denti dei bracket (attacchi che vengono posizionati sulla superficie del dente) che hanno delle informazione da trasmettere, tramite dei fili metallici dedicati, ai denti in modo da poterli muovere secondo delle direzioni prestabilite e conosciute dall’ortodontista per poter raggiungere la posizione ideale a fine trattamento.

Allineare i denti e portarli nella loro posizione ideale è fondamentale sia dal punto di vista estetico che fisiologico; una buona occlusione è importante per la masticazione, la fonazione e la deglutizione; inoltre la malocclusione può determinare disordini all’articolazione temporo-mandibolare. I denti storti per alcuni possono costituire un grave disagio che si ripercuote sulla vita relazionale.

Spesso gli apparecchi ortodontici fissi vengono usati in una seconda fase,  dopo l’ apparecchio mobile per definire, perfezionare e portare a termine il trattamento ortodontico. Essendo formato da brackets (attacchi), fili metallici, tubi o bande sui molari, elastici, l’apparecchio ortodontico fisso complica le normali manovre di igiene orale, aumentando la difficoltà a rimuovere la placca batterica e rendendo complicato l’uso del filo interdentale. È consigliato quindi l’uso di spazzolini specifici durante il trattamento ortodontico e l’uso dell’idropulsore che tramite il getto d’acqua riesce a togliere buona parte dei residui di cibo e infine è raccomandato l’uso di collutori per migliorare l’igiene orale.

Durante il trattamento ortodontico fisso l’ortodontista consiglia di evitare cibi duri e impegnativi da masticare, cibi gommosi e zuccherati, caramelle e gomme americane, masticare matite o oggetti simili.

Durante i primi 3-4 giorni in seguito all’applicazione dell’apparecchio fisso e ogni qual volta saranno cambiati i fili il paziente potrebbe avvertire fastidio oppure alcuni denti possono essere sensibili alla pressione; tutto ciò è normale ed è dovuto alla tensione che farà il filo sui denti per permettere gli spostamenti, il fastidio si risolverà comunque nel giro di 4-5 giorni.

Apparecchi Ortodontici Fissi Con Attacchi In Ceramica

Uno degli svantaggi principali degli apparecchi ortodontici fissi con attacchi metallici è il loro inestetismo. Con il passare degli anni si è cercato di trovare delle soluzioni per superare questo problema. Inizialmente erano stati creati degli attacchi e dei fili rivestiti in plastica, ma essi non erano adatti all’ambiente orale poiché si alteravano e cambiavano colore. Oggi con gli attacchi in ceramica si sono superati sia i difetti meccanici degli attacchi in plastica e nello stesso tempo anche i difetti estetici degli attacchi in metallo.

Apparecchio Fisso Interno O Apparecchio Ortodontico Linguale

L’ortodonzia linguale è una tecnica ortodontica che cerca di superare lo svantaggio estetico dell’ortodonzia fissa classica; in essa infatti, gli attacchi ortodontici vengono inseriti sul lato interno del dente, rivolti cioè verso la lingua, da qui il nome di ortodonzia linguale. Inizialmente i pazienti possono avere fastidi, difficoltà nella deglutizione, fonazione e disturbi alla lingua, ma in pochi giorni il paziente si abitua facilmente a convivere con questo tipo di apparecchio. Lo svantaggio principale di questo trattamento è che non sempre è compatibile e applicabile ai vari casi clinici (telecamera intraorale).

L’Ortodonzia Invisibile E L’Apparecchio Trasparente

L’apparecchio ortodontico invisibile è formato da sottili mascherine in polimero trasparente con cui si possono allineare i denti senza danneggiare l’estetica e il sorriso del paziente. Tramite una serie di mascherine, che dovranno essere indossate dal paziente 24 ore su 24, sarà possibile ottenere spostamenti dentali seguendo una sequenza precisa e stabilita dal computer, per giungere ad una occlusione finale programmata.

Anche in questo caso, come per l’ortodonzia linguale, vi sono però dei casi clinici che non possono essere trattati con questo tipo di apparecchiatura ortodontica.

L’Apparecchio Mobile

Gli apparecchi mobili ortodontici presentano rispetto ai fissi dei vantaggi, cioè possono essere rimossi dal paziente in determinate occasioni per evitare il disagio estetico, vengono costruite in laboratorio riducendo i tempi di lavoro dell’ortodontista nella bocca del paziente e infine permettono di guidare la crescita delle basi ossee in maniera più efficace rispetto agli apparecchi fissi.

Anche essi però presentano degli svantaggi, ad esempio la loro azione è affidata totalmente alla collaborazione del paziente, e inoltre non possono essere effettuati determinati spostamenti dentari che è possibile effettuare solo con gli apparecchi fissi.

In conclusione si può affermare che gli apparecchi rimovibili possono essere usati con successo nella prima fase del trattamento, ma esso dovrà essere completato e perfezionato dagli apparecchi ortodontici fissi.

Domande frequenti

La necessità di mettere l’apparecchio fisso è sempre la stessa?

No, dipende dalla malocclusione presente e dalla sua severità.

La gravità della malocclusione infatti è legata al numero dei problemi osservati nell’arcata dentale e nel rapporto della malocclusione con il viso; i problemi possono essere presenti in uno o in più piani dello spazio contemporaneamente: antero-posteriore, trasversale o verticale; naturalmente se interessa più piani dello spazio contemporaneamente è più grave e quindi sarà necessario intervenire il prima possibile. Una valutazione accurata delle severità della malocclusione sarà utile al paziente ed al clinico per la previsione del trattamento.

Il trattamento ortodontico può essere fatto negli adulti?

Molto spesso l’idea dell’ortodonzia è legata solamente alla figura dei bambini e non a quella degli adulti. In realtà già nei primi del Novecento Angle (riconosciuto a livello mondiale come il primo specialista in ortodonzia) descrisse un trattamento da lui fatto ad una signora di 38 anni che aveva perso molti anni prima dei denti e doveva ripristinare l’occlusione e la masticazione, ottenendo alla fine ottimi risultati.

Oggi l’ortodonzia nell’adulto permette di eseguire trattamenti di diversi tipi, cioè sia indirizzati a correggere eventuali malocclusioni presenti ed eventuali problemi estetici del paziente, sia per fare dei trattamenti ortodontici a scopi pre-protesici, si consideri ad esempio il restringimento di uno spazio dove il paziente decide di sostituire un dente mancate da molti anni e non vi è la possibilità; in questo caso si potrebbe decidere dopo un’accurata valutazione clinica dei vantaggi e degli svantaggi se chiudere completamente lo spazio ortodonticamente o se recuperare nuovamente lo spazio perso e sostituire protesicamente quel dente.

Ovviamente l’ortodonzia per adulti richiede maggiori competenze, cioè la capacità di lavorare con dentature che possono essere compromesse o di trovare e accettare, più che il risultato ideale, il miglior risultato possibile per il paziente che si sta trattando (micromotor).

Quali sono le cause delle macchie sui denti?

Le macchie dentali possono avere origini differenti a seconda che si tratti di discolorazioni estrinseche o intrinseche. Le prime sono alterazioni cromatiche di superficie dovute a meccanismi successivi all’eruzione. Questi meccanismi possono essere legati all’assunzione frequente di cibi coloranti come caffè, vino rosso, thè e liquirizia (solo per citarne alcuni). Talvolta la causa è riconducibile alla proliferazione di batteri della placca, alla presenza di scorie biliari nel fluido del solco gengivale o all’utilizzo prolungato di collutori ad elevata concentrazione di clorexidina.

Le discolorazioni intrinseche sono invece colorazioni interne legate a invecchiamento, otturazioni in amalgama, necrosi pulpare avvenuta dopo traumi o più semplicemente alla carie che può mostrarsi sotto forma di pigmenti marroni o neri in superfici dentali compromesse. Queste tuttavia non sono le uniche cause di macchie dentali, infatti disturbi localizzati o sistemici possono dare origine ad “anomalie dentali” durante il periodo di formazione dentaria.

Tra queste le più frequenti sono le ipoplasie (difetti quantitativi con soluzione di continuo che si manifestano sotto forma di alterazioni macroscopiche della quantità dello smalto) e le opacità dello smalto (difetti qualitativi con ipomineralizzazione o irregolarità della microstruttura dello smalto che si manifestano nelle zone interessate con macchie opache di colore bianco, giallo o marrone e comprendono quindi anomalie di colore e di traslucenza).

Difetti di struttura dello smalto, siano essi qualitativi o quantitativi, possono essere causati da agenti locali come traumi, estrazioni, infezioni periapicali o anchilosi a livello dei denti da latte e quindi causare difetti “localizzati” ai denti definitivi corrispondenti. In caso di disturbi sistemici quali anemie, carenze vitaminiche, terapie con tetracicline o disordini ormonali, i difetti avranno carattere “generalizzato” manifestandosi su più elementi dentari. Talvolta i difetti dello smalto possono avere cause ereditarie e riguardare sia denti decidui che permanenti.

Col termine “Amelogenesi Imperfetta” ci si riferisce proprio a difetti a carico dello smalto che apparirà sottile, poco o troppo traslucente, tendente a scheggiarsi o a disgregarsi facilmente mostrando un aspetto ruvido e poroso nei casi più gravi. In alcuni casi le origini dei difetti dentari sono da ricercare in patologie infettive virali o batteriche come nel caso della Sifilide congenita che è causa di alterazioni a livello del margine incisale di incisivi e più raramente canini (denti di Hutchinson).

Nonostante attualmente dentifrici, gel, vernici e collutori contenenti fluoro rimangano il più valido strumento di prevenzione della carie, un eccessivo assorbimento di questo elemento può provocarne il deposito a livello dello smalto dentario alterandone le caratteristiche di traslucenza e resistenza. La fluorosi dentale è una delle più frequenti cause di opacità dentali e avviene soprattutto durante la maturazione pre-eruttiva dello smalto.

A differenza delle ipoplasie non si può datare esattamente il momento della comparsa della fluorosi. Clinicamente la fluorosi dentale si esprime con diversi livelli di gravità che vanno dalle forme più lievi con opacità scarsamente delimitate e striature bianche parallele, fino a quadri di opacità uniformi su tutta la superficie dentale e smalto ipermineralizzato.

La fluorosi può manifestarsi sia su elementi decidui che permanenti ed è assolutamente necessario controllare l’esposizione a bevande, cibi e prodotti per l’igiene orale contenenti fluoro, soprattutto nei primi sei anni di vita, per evitare che ad essere coinvolti siano proprio i denti definitivi nei settori frontali (Chirurgia dentale ad ultrasuoni).

Quali sono i rimedi per le macchie sui denti? E come può aiutarti il tuo dentista?

L’odontoiatra può servirsi di metodiche d’igiene professionale, conservative o protesiche al fine di ristabilire l’estetica e la funzione dentale, agendo con tecniche che mirano a salvaguardare e rinforzare la struttura del dente.  In caso di macchie limitate alla superficie del dente è sufficiente un’accurata igiene professionale mediante impiego di paste lucidanti e getto airflow.

In caso di pigmentazioni interne ai tessuti dentari, e pertanto resistenti all’igiene professionale, il dentista potrà consigliare lo sbiancamento domiciliare o alla poltrona. Questa procedura consiste nell’utilizzo di perossidi a concentrazione variabile, più elevata nel caso della procedura effettuata in studio, che penetreranno negli strati più profondi dei tessuti duri del dente spezzando le grosse molecole cicliche dei pigmenti in molecole più corte e non colorate.

Lo sbiancamento può essere effettuato anche internamente  ai quei denti devitalizzati che nel corso del tempo sono diventati scuri. In questo caso il dentista agirà sul singolo dente e in maniera estremamente conservativa consentirà al dente devitale di riacquisire il proprio colore originario. Nel caso di aree limitate di smalto alterato di colore opaco o scuro che riducono l’estetica e la resistenza del dente, si ricorre alla conservativa.

L’odontoiatra potrà asportare i tessuti dentari alterati e sostituirli con i moderni compositi con la garanzia di risultati perfettamente mimetici (i compositi sono di colore bianco) e con un contemporaneo miglioramento della resistenza del dente. Qualora le alterazioni cromatiche e strutturali siano diffuse su più denti, si potrà optare invece per un approccio protesico.

Una volta asportati gli strati  compromessi, questi potranno essere sostituiti con faccette o corone complete realizzate in materiali altamente estetici e dalle ottime proprietà meccaniche quali la ceramica feldspatica o il disilicato di litio. In tal modo si potranno migliorare sia il colore che la forma dei denti, restituendo al paziente un sorriso piacevole e una bocca sana (strumenti dentista).

L’implantologia post-estrattiva immediata

Gli studi condotti sulle proprietà osteoinduttive delle superfici implantari in relazione all’osteointegrazione hanno oggigiorno permesso l’introduzione di tecniche che vedono abbreviare i tempi di guarigione dell’alveolo quando dopo un’avulsione dentaria è occupato da un impianto.

Quindi il razionale biologico di questa tecnica prevede l’inserimento di un impianto capace di indurre neoformazione ossea, preservando il sito e riducendo la naturale contrazione alveolare, risparmiando peraltro il collasso dei tessuti molli. Questo consente di definire l’implantologia post-estrattiva come un atto chirurgico che racchiude in un unico tempo l’estrazione dentaria e l’immediato inserimento dell’impianto dentale.

Ovviamente questo atto comporta vantaggi per il paziente, che vede accorciare i tempi per il ripristino funzionale ed estetico del proprio apparato stomatognatico in un numero ridotto di sedute.
E infatti le principali indicazioni alla chirurgia post-estrattiva sono fondamentalmente due: l’alta valenza estetica, qualora i tessuti molli mantengano la loro integrità, e la diminuzione del numero delle sedute chirurgiche, quindi un maggior comfort per il paziente.

Valutazioni cliniche e indicazioni per una corretta chirurgia post-estrattiva
Anche per l’implantologia post-estrattiva, come per tutta l’implantologia, il primo requisito da soddisfare è rappresentato dalla stabilità primaria: di qui la scelta e la tecnica, di questo tipo di chirurgia.

Importanti valutazioni radiografiche sia intraorali che ortopantomografiche, meglio ancora se sono disponibili Tac-Dentalscan, sono utili per ottenere le informazioni sul rapporto tra alveolo e strutture contigue. Da queste indagini si possono ricavare valutazioni (posizione e morfologia della radice) circa la difficoltà dell’estrazione, che deve essere atraumatica, e circa le strutture nobili come il nervo mandibolare e il seno mascellare (Figg. 1-2-3-4). (in Fig. 1: si vuole sostituire il 25. Si osservi, dalla OPT, il margine di sicurezza con il seno mascellare).

L’importanza di queste indagini risiede anche nello studio dell’alveolo perchè si deve disporre di 3-5 mm di osso oltre l’apice del dente, spazio necessario per preparare la stabilizzazione dell’apice implantare. Non meno importante è la valutazione spaziale con i denti contigui, soprattutto nei settori estetici: la testa dell’impianto deve essere collocata a 3 mm dalla giunzione amelo- cementizia dei denti contigui e a 1-3 mm apicalmente rispetto al margine della cresta ossea vestibolare.

Fig. 2 Particolare della OPT per la sostituzione della radice del 45

Fig. 3 Stesso particolare della figura precedente. Da questa immagine si evince che con la OPT si può solo intuire il decorso del nervo mandibolare

Fig. 4 Si noti come, per lo stesso caso delle Figg. 2 e 3, con la TC i rapporti con il nervo mandibolare sono resi più evidenti. Inoltre si può osservare l’altezza della cresta vestibolare, ridotta rispetto a quella linguale

Infine, un’altra osservazione che deriva dalle indagini radiologiche è la presenza e l’entità delle lesioni parodontali, le quali possono interessare l’elemento dentario da sostituire e orientare verso una rigenerazione ossea ovvero possono rappresentare una controindicazione all’implantologia post-estrattiva. A questo proposito è bene eseguire sempre un’ispezione orale, avvalendosi anche di sonde parodontali per ottenere un quadro generale dello stato di salute parodontale del dente (Fig. 5).

Fig. 5 Si evidenzia una fistola del 13
L’ispezione, in assenza di patologie, deve mirare a definire il biotipo gengivale, la posizione della linea muco-gengivale, la festonatura dei denti contigui e il rapporto tra colletto del dente con il margine libero gengivale.
Riassumendo, la collocazione implantare immediata dovrebbe essere limitata a quei difetti che presentano tre o quattro pareti alveolari sufficienti a stabilizzare l’impianto e difetti circonferenziali minimi, ricordando a tal proposito che solo quando i gap tra alveolo e impianto superano 1,5 mm necessitano di una contestuale rigenerazione ossea. Alla pari dell’osso, anche i tessuti molli devono essere privi di alterazioni morfologiche (recessioni, perdita delle papille) e/o infettive (fistole, tasche purulente).

Cefalea: se la colpa fosse dei denti?

Cause e meccanismi

La teoria maggiormente condivisa dai ricercatori è quella neurovascolare, secondo la quale il paziente emicranico presenta una risposta eccessiva e inadeguata da parte dei neuroni della corteccia cerebrale al variare di stimoli provenienti dall’ambiente esterno (temperatura, umidità, luci, suoni, odori…) o dell’ambiente interno (tasso glicemico, fluttuazioni ormonali, pressione arteriosa, secrezione di adrenalina, ritmo sonno-veglia, etc.). Stimoli esterni che sono assolutamente “normali” per i soggetti non sofferenti di emicrania.

Questa vulnerabilità, associata ad un anomalo funzionamento dei centri nervosi del tronco cerebrale deputati alla modulazione del dolore, porterebbe ad una dilatazione dolorosa dei vasi delle meningi.

Spetta al nervo trigemino – nervo sensitivo delle strutture del cranio – il ruolo di mediatore tra la suscettibilità dei neuroni corticali e la vasodilatazione: si parla perciò di sistema trigemino-vascolare (Lampada scialitica).

Questione di genetica

Spesso i pazienti emicranici hanno parenti emicranici, si suppone pertanto che l’anomala modalità di risposta che caratterizza l’emicrania sia trasmessa geneticamente.

La diagnosi si basa essenzialmente sull’anamnesi e sull’esame obiettivo che devono essere particolarmente curati ed approfonditi. Alcuni esami specifici possono aiutare a dirimere i casi dubbi.

Tra le cefalee secondarie, cioè quelle in cui invece il dolore è sintomo di una patologia in atto, troviamo frequentemente quelle attribuite a disturbi dei denti, delle arcate dentarie o delle strutture correlate e le cefalee o dolori facciali attribuiti a disturbi dell’articolazione temporomandibolare.

La frequenza degli attacchi è molto variabile. Nella quasi totalità dei casi il paziente è in grado di identificare alcuni fattori scatenanti quali ad esempio quelli meteorologici (vento) o l’assunzione di alcuni cibi (alcolici, cioccolato, formaggi stagionati…) o eventi stressanti. L’emicrania è dunque un disturbo primario: vera e propria patologia e non semplice sintomo.

E i denti?

Si tratta per lo più di dolore molto ben localizzato che può però irradiarsi coinvolgendo tutto il capo. In genere è continuo e non si accompagna a sintomi neurovegetativi quali nausea, vomito, foto e fonofobia.

Per quanto riguarda le disfunzioni dell’articolazione temporomandibolare (atm), possono accompagnarsi a dolore miofasciale cioè un dolore muscolare continuo, associato a contrattura, limitazione funzionale ed occasionalmente a sintomatologia di tipo nevralgico con alterazioni della sensibilità cutanea o formicolii e cefalea diffusa.

In particolare, il coinvolgimento dell’articolazione è da sospettare quando il dolore è scatenato da movimenti masticatori soprattutto in presenza di cibo duro, dalle limitazioni o difetti dell’apertura della bocca, da rumori a carico delle atm durante i movimenti della mandibola e dalla dolorabilità, alla pressione, della capsula articolare di una o entrambe le atm.

La prevalenza di disturbi a carico dell’atm tra i pazienti cefalalgici è stimata intorno al 56% e sembra possano essere causa di cefalea cronica nel 20% dei casi.

Quali terapie?

Le possibili terapie delle diverse forme di cefalee sia primarie che secondarie sono naturalmente molto diverse, accomunate unicamente dal ricorso, che deve essere limitato nel tempo, ad antinfiammatori ed antidolorifici.

Per quanto riguarda l’emicrania esistono delle linee guida che prevedono un approccio differente a seconda della frequenza delle crisi.

Convenzionalmente, infatti, se gli attacchi non superano i tre giorni al mese si può ricorrere ad un farmaco da assumere al bisogno. È utile sapere che un abuso di farmaci sintomatici comporta un elevato rischio di cronicizzare l’emicrania.

Nel caso in cui gli attacchi si presentino con maggiore frequenza è necessario impostare una terapia preventiva utilizzando strategie sia di tipo farmacologico attingendo a diverse classi di farmaci, che non farmacologico, come l’agopuntura.

Ovviamente è importante eliminare, per quanto possibile, i fattori scatenanti. Nel caso di cefalee secondarie dovute a fattori di malocclusione o riconducibili a problematiche odontostomatologiche, la terapia è rivolta alla rimozione di tali disturbi. In particolare nei pazienti più giovani dove è più agevole la correzione definitiva, ricordando che la malocclusione è considerata un fattore di rischio per l’insorgenza di cefalea nei bambini e negli adolescenti.

È infine necessario tenere conto, data l’alta frequenza di riscontro nella popolazione sia di emicrania che di patologie odontostomatologiche, della possibile coesistenza nello stesso paziente di entrambe le condizioni (strumenti dentista).

Saliva: chi ci protegge dalla carie?

L’importanza della saliva

In generale la secrezione salivare ha assunto importanza in campo medico in quanto, in alcune situazioni patologiche costituisce una fonte potenziale di importanti informazioni biochimiche ed è un campione biologico facilmente ottenibile senza alcuna manovra invasiva.


In campo odontostomatologico la saliva riveste importanza sotto molteplici aspetti, essendo uno degli elementi principali dell’ambiente orale… ciò nonostante spesso il suo ruolo non viene adeguatamente considerato, anche da coloro che ne vengono a diretto contatto ogni giorno.
Interessanti sono le relazioni esistenti tra saliva ed alcune malattie odontoiatriche. Sono ormai diversi anni che vengono effettuati studi sui possibili rapporti intercorrenti tra la saliva e la patologia cariosa, ma solamente nell’ultimo decennio si è assistito ad un incremento delle ricerche in questo ambito.
Le proprietà fisico-chimiche e biologiche più rilevanti a questo scopo sono il flusso salivare, il potere tampone, la concentrazione batterica di specifici ceppi ed il confronto fra i valori ottenuti in soggetti cariosensibili e carioresistenti.

Flusso salivare: cos’è?

Da cosa ha origine il flusso salivare? Per il 90% deriva dalla funzione delle ghiandole parotidi e sottomandibolari, per il 5% delle sottolinguali ed il restante 5% delle ghiandole salivari minori. Il controllo delle ghiandole salivari avviene ad opera di un centro nervoso situato in corrispondenza del bulbo encefalico.
Lo stimolo alla secrezione é prodotto principalmente da un’eccitazione riflessa e involontaria, gustativa attraverso le papille linguali e masticatoria attraverso i recettori specifici presenti nel legamento parodontale e nei muscoli masticatori.
In condizioni di riposo, ovvero in assenza di stimolazioni gustative, viene secreta sempre una certa quantità di saliva. Questo flusso che potremmo definire “base”, viene influenzato da vari fattori con notevole variabilità individuale e presenta una maggiore fluidità, allo scopo di mantenere un ambiente umido e contrastare l’azione degli agenti irritanti.
La saliva di stimolazione viene invece secreta sotto stimoli involontari indotti dal senso della fame e durante l’atto della masticazione; questa presenta una densità più elevata. La saliva secreta a riposo mostra modificazioni notevoli nell’entità del flusso, si osserva un incremento della secrezione nelle ore pomeridiane ed una diminuzione nelle ore notturne.
La bassa secrezione notturna evita frequenti movimenti di deglutizione durante il sonno. Vengono tuttavia ridotte anche le difese salivari, ovvero il potere detergente e la capacità di tamponare l’ambiente acido che inevitabilmente viene a crearsi, con graduale abbassamento del pH orale… ecco da dove possono insorgere i processi cariosi (Manipoli odontoiatrici).

A bocca asciutta

Il flusso salivare svolge un ruolo importante nel rimuovere i detriti alimentari, i residui batterici e le cellule epiteliali che favoriscono la moltiplicazione batterica, attuandone l’eliminazione attraverso il canale digerente.
È scientificamente accertato che riduzioni nella secrezione salivare hanno un evidente effetto sia sul numero sia sulla gravità delle carie: ciò è confermato anche nei casi di iposecrezione salivare dovuta a xerostomia o a radioterapia per neoplasia ghiandolari o del massiccio facciale.
Il flusso salivare tende inoltre a diminuire con l’età. Tra gli anziani sono più frequenti i sintomi di secchezza della bocca e del resto sono tipiche dell’età avanzata alcune malattie che possono portare ad una diminuzione del flusso salivare, come il morbo di Alzheimer.
Una maggiore frequenza di carie sembra verificarsi nei soggetti che presentano condizioni di ansia o in terapia antidepressiva che conducono ad un coinvolgimento del sistema simpatico, con conseguente riduzione del flusso salivare. Ricordiamo poi la grave xerostomia che colpisce gli affetti da sindrome di Sjogren, che per tale ragione sono individui altamente a rischio.

La flora batterica orale

Nell’ambito della saliva si possono riscontrare un grande numero di specie batteriche, presenti in uno stato di equilibrio. Quando tale equilibrio viene per cause diverse ad essere alterato si può assistere alla insorgenza di patologie.
Riguardo alla patologia cariosa le specie batteriche coinvolte sono un grande numero, la loro presenza varia anche in rapporto al sito anatomico: ricordiamo ad esempio lo Streptococcus Salivarius nella carie del terzo cervicale del dente.
Le due specie più importanti sono lo Streptococcus mutans e i Lactobacilli, in grado di produrre consistenti quantitativi di acidi. Quando in presenza di un substrato metabolico l’azione acidogena é potenziata, la saliva e i suoi meccanismi di controllo non riescono più a compensarne la produzione.
L’ambiente orale raggiunge quindi livelli di acidità critici, che inducono la demineralizzazione dei tessuti duri del dente. Hanno pertanto inizio quei processi, che, se non precocemente intercettati o prevenuti, portando allo sviluppo della carie (Prodotti odontoiatrici).

Allineatori invisibili e adolescenti: è amore?

A questo proposito, abbiamo chiesto al Prof. Luca Levrini specialista in Ortodonzia e Professore Associato all’Università degli studi dell’Insubria, di parlarci degli allineatori trasparenti e di come ben si adattano alle esigenze degli adolescenti.

Cosa sono gli allineatori trasparenti?

Si tratta di dispositivi intraorali, direi praticamente invisibili, in grado di riallineare i denti.

Nella pratica si hanno una serie di mascherine trasparenti che vengono applicate alle arcate dentarie e sostituite ogni 2 settimane. I denti si muovono e quindi si riallineano, perché ogni mascherina è diversa e tende progressivamente verso il raggiungimento del risultato.

I tempi di trattamento non si allungano rispetto alle tecniche tradizionali ed è possibile trattare anche casi di una certa complessità, a patto che l’operatore che li utilizza abbia buona esperienza.

E per gli adolescenti?

Gli allineatori sono molto utili nella pratica clinica, in quanto vanno a soddisfare un crescente bisogno: i giovani desiderano avere una dentatura regolare, ma con apparecchi che soddisfino le loro esigenze.

Le loro aspettative però non sono esclusivamente di natura estetica, come si potrebbe pensare.

I ragazzi quindi desiderano correggere i difetti della dentatura con dispositivi trasparenti per ortodonzia?

Certamente, però devono essere in età adolescente. Per comprendere tale affermazione la prima domanda da porsi è perché alcuni giovani pazienti desiderano che l’apparecchio non si veda ed altri assolutamente l’opposto.

A mio giudizio la spiegazione deve ricercarsi nell’inserimento o meno del soggetto nel periodo dell’adolescenza. L’adolescenza rappresenta un lungo intervallo di tempo nel quale si abbandona l’età infantile e si entra in quella adulta.

Il tipico dispositivo ortodontico fisso e visibile viene classicamente percepito come appartenente all’età infantile, quindi non adatto a chi tende e si proietta verso il mondo degli adulti. L’adolescente punta all’indipendenza e si allontana da ogni cosa che rappresenta l’infanzia, quindi anche dall’apparecchio fisso.

Ci sono altre spiegazioni?

Sono numerose le motivazioni che portano il giovane a richiedere un dispositivo invisibile e tutte rientrano nel complesso argomento dell’estetica, degli stili di vita e delle aspirazioni, fattori che contribuiscono alla costruzione dell’identità dei giovani che stanno per diventare adulti.

Iniziamo però con il dire che agli adolescenti gli allineatori trasparenti piacciono non solo perché non si vedono. Il fatto che siano invisibili è cosa importante ma forse non l’unica che spinge e motiva a fare tale scelta. I giovani credono in modo particolare nelle nuove tecnologie, esse rappresentano la proiezione verso il futuro e contestualmente l’efficienza.

Il fatto di poter disporre di un programma informatico che visualizza fedelmente e virtualmente le proprie arcate dentarie, il filmato che visualizza gli spostamenti che verranno effettuati dal trattamento sono cose importanti per i giovani.

Ricevere tramite e-mail tale filmato – il proprio trattamento – è entusiasmante ed una novità assoluta per il giovane. Questo è possibile con queste tecniche di recente introduzione, che, hanno comunque il valore di agire concretamente. Ad oggi, gli adolescenti apprezzano sempre di più quello che funziona e, sempre di più, saranno in grado di apprezzare e distinguere con maggior senso critico.

Quali sono i vantaggi clinici?

L’evoluzione degli allineatori è rapida e costante, sono dei dispositivi in continuo miglioramento che aumentano rapidamente i vantaggi clinici. Ci sono per esempio vantaggi sulla salute delle gengive; una recente ricerca ha dimostrato come questi dispositivi possano migliorarne lo stato di salute, soprattutto se confrontati con i tradizionali dispositivi ortodontici fissi.

Il motivo è che consentono una perfetta igiene orale, alla quale il paziente è obbligatoriamente stimolato. Ci sono vantaggi per il miglior spostamento dei denti; gli allineatori trasparenti avevano difficoltà nel compiere alcuni spostamenti dentari, oggi il miglioramento tecnologico di questi dispositivi consente nuove soluzioni che permettono al dentista di progettare movimenti dentali certi e controllati in quasi tutti i pazienti.

Dietro questi dispositivi vi sono importantissime ricerche e studi che migliorano costantemente la loro efficacia. In questo senso, gli allineatori sono un esempio di come la tecnologia aiuta e completa il dentista nella sua professione. Alcuni ritengono che gli adolescenti non siano molto collaborativi quindi non adatti a dispositivi come questi che sono removibili.

Come già sottolineato, la scelta di fabbricare allineatori per adolescenti impone la necessità di adattarsi a caratteristiche proprie ed esclusive di questa età, ovviamente diverse rispetto a quelle dell’adulto; tra queste sicuramente la collaborazione.

È proprio per questo che vengono utilizzati degli indicatori che mostrano il tempo di applicazione delle mascherine. Sono molto utili, rappresentano un efficace strumento di incentivo e non di controllo né per il genitore né per il dentista. L’adolescente sente l’indicatore come parametro di sfida a cui riferirsi, quindi di motivazione.

Utilizzando questi dispositivi cosa la gratifica maggiormente?

Il fatto di utilizzare strumenti che soddisfano le esigenze dei giovani, che hanno desideri sofisticati e di valore a cui spesso le tradizionali tecnologie, pur efficaci, non riescono a rispondere.

In questi casi il trattamento non è solo la cura ma il rispetto di un complesso di desideri che all’apparenza sembrano effimeri ma che rappresentano, di fatto, una realtà quotidiana sempre più diffusa.

Igiene orale: sicuro di non fare le cose a metà?

Lati oscuri

I lati del dente che vengono tralasciati durante le normali pratiche di igiene orale sono circa il 40% e si tratta principalmente di quelle fessure definite spazi interdentali.

Queste strette spaziature si rivelano di difficile accesso per un normale spazzolino, generando un ambiente ideale per la concentrazione e la proliferazione dei batteri, principali responsabili delle più comuni malattie del cavo orale.

E non è un problema da poco, trascurare infatti la rimozione costante della placca potrebbe condurre al sorgere di spiacevoli disturbi quali ad esempio carie, gengiviti e la tanto odiata alitosi.

Cosa fare dunque?

La soluzione c’è, e si chiama scovolino.

Esistono ovviamente diverse modalità per pulire a fondo gli spazi interdentali, soprattutto visto che queste fessure possono variare in spessore e in ampiezza da persona a persona, rendendo dunque difficile l’utilizzo di uno strumento standard per tutti.

Ed è proprio per venire incontro a queste esigenze differenziate che è nato lo scovolino, un piccolo dispositivo pensato e realizzato appositamente per pulire gli spazi tra i denti, dove lo spazzolino non può arrivare.

Lo conoscevi? Certamente si tratta di una soluzione estremamente valida per chi non ama utilizzare il filo interdentale, nonostante le continue raccomandazioni del dentista.

Ad ogni esigenza, uno scovolino

È di importanza fondamentale saper scegliere lo scovolino che meglio si adatta alle caratteristiche dei propri denti, in modo da evitare di forzare eccessivamente il solco gengivale arrivando a creare gonfiore o a provocare il sanguinamento delle gengive. Alla base di questi disturbi si ha però spesso un’infiammazione che può derivare da una malattia parodontale.

Le diverse tipologie possono variare ad esempio in base alla lunghezza del manico, all’angolazione della testina e alla dimensione delle setole (Strumenti dentista).

Tra la grande varietà di proposte rintracciabili nelle farmacie, possiamo trovare:

●Scovolino classico: ha la testina dritta e un manico corto, le 9 varianti del prodotto si differenziano a seconda della misura delle setole;
●Scovolino morbido: caratterizzato dalla testina dritta e dal manico corto, ha setole particolarmente morbide per un’azione più delicata;
●Scovolino angolato: con testina angolata e manico lungo.
La struttura di uno scovolino angolato permette la penetrazione tra i denti posteriori e consente anche la pulizia dall’interno dell’arcata.

Come si usa?

Non hai mai usato lo scovolino? Niente di più semplice, basta seguire 3 semplici passaggi:

1.Inserisci lo scovolino delicatamente tra i denti, per semplificare l’uso guardati allo specchio;
Muovilo avanti e indietro per 2-3 volte;
2.Ripeti la procedura per ogni spazio e poi sciacqua lo scovolino sotto l’acqua e lascialo asciugare all’aria aperta senza cappuccio.
3.Nel caso in cui lo scovolino non riuscisse a penetrare tra gli spazi interdentali non ti spaventare, probabilmente non è della misura corretta per i tuoi denti. Basta non sforzarlo a tutti i costi per passare tra gli spazi e sostituirlo con uno dalle dimensioni adatte… sarà il tuo dentista o igienista dentale di fiducia a consigliarti i prodotti, le tecniche e le misure corrette.

Ricorda sempre che dalla bocca passa la salute dell’intero organismo, è dunque di importanza fondamentale prendersi cura dei propri denti al 100%… non c’è salute generale senza salute orale (Telecamera intraorale)!